Un nuovo allarme siccità, ma non è imprevisto
Il ministro Galletti è assolutamente inadeguato perché, oltre a non fare il suo dovere nel difendere l’ambiente, pur sapendo da tempo che sarebbe arrivata l’ondata di calore e il relativo allarme siccità che in queste ore stanno drammaticamente attanagliando tanti italiani, non ha messo al lavoro i suoi tecnici per elaborare piani preventivi per fronteggiare l’emergenza.
Una emergenza che non nasce oggi, se è vero che la NATO l’anno scorso ha pubblicato e diffuso uno studio nel quale si dichiarava che il mediterraneo, e in particolar modo Italia, Spagna e Francia meridionale, andava incontro alla peggiore siccità da 900 anni a questa parte.
2,8 milioni di metri cubi persi al giorno
Pur conoscendo questa situazione, né il Governo né il Ministro per l’Ambiente si sono mossi per iniziare a rimodernare rete idrica e acquedotti che fanno perdere ben 2,8 milioni di metri cubi di acqua al giorno al nostro Paese.
Per capire di cosa stiamo parlando basti sapere che il piano degli acquedotti italiano risale al 1968, aggiornato parzialmente solo nel 1975. Ma neanche questo Governo ha fatto nulla: la soluzione prospettata da Galletti è “l’eventuale emanazione di ordinanze urgenti per la rimodulazione delle portate”, ma da dove e verso dove, visto che tutto il territorio italiano è in emergenza, con ben 10 grandi città, da nord a sud, sono coinvolte nell’emergenza calore? E che ha fatto il ministro per fronteggiare la dispersione dell’acqua potabile che in Italia raggiunge quasi là cifra del 40% dell’acqua immessa in rete? Galletti sa benissimo che la vera opera infrastrutturale e’ quella di rimettere a posto gli acquedotti . E quelle del ministro sono lacrime di coccodrillo: in autunno piange i danni e le vittime del maltempo legate anche al dissesto idrogeologico e d’estate quelle della siccità.
Acqua torni pubblica
Ma Galletti dovrebbe anche spiegare chi dovrebbe realizzare le infrastrutture necessarie per far fronte al problema: lo Stato o le aziende che gestiscono l’acqua? Visto che queste sono di fatto in gran parte in mano ai privati come ACEA, quotata in borsa e praticamente dominata dal gruppo Caltagirone e dalla multinazionale francese Suez, non sarebbe il caso che il Governo imponga a queste che le realizzino con i lucrosissimi ricavi della gestione?
La verità è che è necessario tornare allo spirito del referendum vinto da milioni di italiani: l’acqua e la sua gestione tornino pubbliche e lo Stato reinvesta tutti gli utili per la manutenzione della rete idrica. Ma subito, prima che l’allarme siccità dovuto ai cambiamenti climatici porti ad una situazione irreversibile.