Cambiamenti climatici, effetto serra, surriscaldamento globale … ma davvero sappiamo cosa sta succedendo? Forse per spingere l’umanità a prendere consapevolezza di quanti danni nei decenni abbia causato al proprio Pianeta – l’unico che ha a disposizione – occorre una spiegazione ancora più semplice delle tante disponibili, priva di tanti tecnicismi che spesso rendono i cambiamenti climatici un argomento ostico. Risolvere la situazione non spetta soltanto a scienziati e leader politici, la vera svolta dipende da tutti noi, da quanto lotteremo per favorire la transizione verso economie low carbon e dalle nostre abitudini quotidiane.
Ma se non abbiamo capito bene cosa accade e a quali rischi andiamo incontro non agiremo mai in maniera efficace. Cambiamo parole allora. Niente grafici, niente numeri. Ecco come spiegheremmo ad un bambino i cambiamenti climatici.
Clima ed emissioni
Il clima (sistema climatico) include l’atmosfera, gli oceani, le terre emerse, la criosfera e la biosfera. Viene definito come “il tempo meteorologico medio” su determinate aree territoriali e scale temporali lunghe, di almeno 30 anni. Quando invece ci si riferisce a scale di spazio e tempo più brevi si parla di tempo meteorologico… proprio quello che ogni giorno è oggetto delle previsioni!
Il clima della Terra viene determinato da una serie di fattori, sia naturali e indipendenti dall’azione dell’uomo come le attività vulcaniche o la quantità di energia proveniente dal sole, sia connessi alle attività umane, come l’uso di combustibili fossili, l’emissione in atmosfera di gas serra e la trasformazione e l’impermeabilizzazione del suolo. Tutte queste attività rimettono in circolazione enormi quantità di gas serra che la natura ha assorbito e immagazzinato per secoli grazie agli ecosistemi terrestri e alle grandi masse d’acqua (mari e oceani). Ebbene, queste attività si sono intensificate dalla rivoluzione industriale e soprattutto negli ultimi 60 anni: rispetto al periodo preindustriale la concentrazione di CO2 nella composizione chimica dell’atmosfera è aumentata del 40%. E’ la dimostrazione che i modelli di sviluppo basati sui combustibili fossili rischiano di sconvolgere la vita sul Pianeta per le generazioni attuali e quelle future.
Significa, in altre parole, che viene rilasciata in atmosfera più CO2 di quanta riesca poi ad uscirne e i gas serra continuano ad accumularsi. I serbatoi naturali come foreste, suoli, mari e oceani hanno perso efficienza: 50 anni fa per ogni tonnellata di CO2 emessa ne rimuovevano 600 kg, oggi solo 550 kg.
Ma di chi è la colpa? Secondo dati del 2011, i Paesi che producono maggiori emissioni sono: Cina per il 29%, Stati Uniti per il 16%, Unione Europea per l’11%, India per il 6%, Federazione Russa per il 5% e Giappone per il 4%.
Senza CO2 non esisteremmo
Gli occhi sono tutti puntati su una variabile climatica in particolare: la temperatura terrestre. Quando la Terra non riesce più ad assorbire calore inizia a irradiare nello spazio un’energia pari a quella in arrivo dal Sole e si arriva ad una situazione di equilibrio energetico. Questo equilibrio crolla quando la CO2 nell’atmosfera intrappola una parte delle radiazioni infrarosse emanate dalla Terra. E’ così che i gas serra alterano l’equilibrio energetico, cioè quando gli ultravioletti in arrivo sulla Terra dal Sole sono superiori agli infrarossi che riescono a dirigersi verso lo spazio. Più energia nel sistema uguale più calore. Ecco spiegato il
riscaldamento globale (o global warming, se preferiamo la traduzione inglese).
Attenzione però: la CO2 serve eccome, così come una certa componente di gas, altrimenti la vista non esisterebbe e la Terra sarebbe un luogo molto più freddo. La temperatura media sulla superficie sarebbe di circa -14°C e non avremmo acqua allo stato liquido.
Le conseguenze dell’effetto serra
Molte conseguenze ormai sono visibili sull’ecosistema terrestre e sulle popolazioni:
- scioglimento dei ghiacci: alcune previsioni dicono che i ghiacci artici potrebbero addirittura sciogliersi del tutto nei periodi più caldi dell’anno già verso la fine del secolo;
- innalzamento del livello dei mari: ci si aspetta che entro il 2100 l’innalzamento sarà compreso tra i 15 e i 95 cm con conseguenze disastrose per le zone costiere;
- acidificazione degli oceani: si tradurrà ad esempio nella scomparsa della Grande barriera corallina e dovremo dire addio ad oltre 400 tipi di coralli, 1.500 specie di pesce, 4.000 tipi di molluschi, ma ne faranno le spese anche specie a rischio di estinzione come il dugongo e la tartaruga verde;
- desertificazione e ondate di calore: interesseranno anche le regioni che oggi godono di un clima temperato come il nostro mar Mediterraneo, Italia inclusa, con danni per l’agricoltura e conseguenze come il rischio denutrizione.
- perdita di biodiversità: è in corso un’inarrestabile estinzione di massa, la sesta, ed entro la fine del secolo metà delle specie viventi rischia di sparire per sempre, con conseguenze come il rallentamento della lotta alle malattie e la diffusione di patologie infettive e autoimmuni.
Le conseguenze attorno a noi sono già molto visibili: precipitazioni più forti, intense e concentrate in certe zone e siccità, ondate di calore prolungate in altre; inondazioni e morti causate dal dissesto idrogeologico dovuto dell’errata gestione dei suoli; migrazioni; innalzamento del livello dei mari causato dalla fusione dei ghiacci.
Possiamo rimediare?
Anche se oggi annullassimo tutte le nostre emissioni di gas serra ci vorrebbero centinaia di anni prima che la curva di concentrazione di anidride carbonica e degli altri gas serra si stabilizzi e ancora più tempo perché la temperatura smetta di aumentare. Per gli oceani questa inerzia è ancor maggiore.
Ma possiamo rallentare il cambiamento. L’obiettivo è contenere la concentrazione di anidride carbonica entro i 450 ppm (parti per milione) in modo che il riscaldamento resti entro la soglia dei 2 °C. Oltre questo limite le conseguenze potrebbero essere ancora peggiori di quelle previste.
Come farlo? Passando a sistemi di produzione energetica più sostenibile, usando fonti non inquinanti e slegandoci dalla dipendenza dai combustibili fossili.
Le strategie di intervento
- Politiche di mitigazione
Sono quelle che intervengono sulle cause e tentano di ridurre/eliminare i fattori che provocano il cambiamento climatico, in primis le emissioni dovute alle attività umane (energia, industria, trasporti…). Il protocollo di Kyoto è un esempio. Puntare sulle fonti rinnovabili
e sull’efficienza energetica sono scelte fatte nell’ottica della mitigazione.
Purtroppo sono efficaci a lungo termine, dopo decenni, quindi chi investe in queste politiche non ha un vantaggio immediato.
- Politiche di adattamento
Intervengono sugli effetti del cambiamento climatico, prevenendo le conseguenze negative e minimizzando i danni. Si prepara quindi il territorio, studiandone le caratteristiche e valutando i possibili impatti. Per proteggere una zona costiera ad esempio si realizzano interventi come la ricostruzione delle dune. Ma come fanno i Paesi poveri? La comunità internazionale ha previsto strumenti di supporto finanziario come il Least Developed Countries Fund istituito dalla United Nation Framework Convention on Climate Change (UNFCCC).In questo caso i benefici sono visibili già nel breve periodo, ma senza un quadro internazionale di coordinamento e finanziamento i Paesi in via di sviluppo, maggiormente colpiti dagli effetti del cambiamento climatico e con meno risorse, sono in balia degli eventi.
Inutile dire che adattamento e mitigazione sono soluzioni differenti ma complementari: è necessario agire sia sulle cause che sugli effetti del cambiamento climatico, ponendo limiti ai cambiamenti climatici futuri (mitigazione) e preparandosi all’impatto dei cambiamenti climatici ormai inevitabili (adattamento).
Per approfondire:
before the flood [documentario]
https://www.wwf.it/il_pianeta/cambiamenti_climatici/tutto_sul_clima/
http://www.vita.it/it/article/2015/11/28/il-riscaldamento-climatico-spiegato-ai-teenager/137560/
https://www.lifegate.it/persone/news/cambiamenti-climatici-cause-conseguenze
http://liferaces.eu/a_scuola/kit_didattico [materiali scaricabili]
Articolo a cura di: Anna Tita Gallo