Non è fondamentalismo giudiziario, Arcelor Mittal sapeva tutto sull’Afo2

Il giudice Maccagnano del tribunale di Taranto decide di non accogliere l’istanza di sospensione, presentata dai commissari straordinari Ilva, dell’ordine ad adempiere alle prescrizioni per la messa in sicurezza dell’altoforno....
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Il giudice Maccagnano del tribunale di Taranto decide di non accogliere l’istanza di sospensione, presentata dai commissari straordinari Ilva, dell’ordine ad adempiere alle prescrizioni per la messa in sicurezza dell’altoforno.

Presa questa decisione da parte del tribunale tutti da sindacati, opinionisti, politica e governo gridano allo scandalo e in particolare alcuni evocano il complotto giudiziario e la magistratura di essere invasiva nella vita di un’azienda. Ma è veramente così?

L’intervento della procura di Taranto avvenne non per un accanimento astratto contro l’acciaieria, come qualcuno vorrebbe far credere, ma perché l’8 giugno del 2015 moriva drammaticamente l’operaio Alessandro Morricella travolto da una colata di ghisa dopo quattro giorni di agonia in ospedale. Dopo quella morte la procura chiese all’amministrazione straordinaria di Ilva di adeguare l’impianto alle normative per tutelare la sicurezza dei lavoratori.

È bene che si sappia che le richieste di attuare le prescrizioni all’altoforno 2 da parte della procura di Taranto erano datate 30 giugno 2015 e 7 settembre 2015. Solo due anni dopo l’incidente mortale, il 28 giugno 2017 Ilva S.p.A. in amministrazione straordinaria depositava la documentazione tecnica relativa all’adempimento delle suddette prescrizioni.

Sono passati oltre quattro anni e quelle prescrizioni non sono mai state attuate. Di chi è a colpa? Dei magistrati o di chi doveva fare i lavori all’Afo2 e che in oltre quattro anni non è stato in grado di realizzarli?

Si rende necessaria una ricostruzione storica sulla vicenda dell’Afo 2 per evitarne una sua alterazione funzionale a disegni politici di quel fondamentalismo che non riesce a essere obiettivo nemmeno nella ricostruzione dei fatti. Dopo la morte di Morricella Alessandro il pubblico ministero Antonella De Luca il 18 giugno 2015 dispone il sequestro dell’altoforno 2 e immediatamente dopo dispone l’ordine a Ilva S.p.A. di attuare le prescrizioni a garanzia della tutela e sicurezza dei lavoratori

In data 4 luglio 2015 Renzi e Calenda intervenivano emanando il decreto legge n. 92 che all’art.3 diceva “al fine di garantire il necessario bilanciamento tra le esigenze di continuità dell’attivilà produttiva, di salvaguardia dell’occupazione, della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente salubre, nonché delle finalità di giustizia, l’esercizio dell’attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategica non è impedito dal provvedimento di sequestro…”.

In sintesi Renzi e Calenda consentivano per legge il funzionamento dell’altoforno 2 determinando il dissequestro e garantendone l’attività produttiva a prescindere dal fatto che non vi erano garanzie sulla sicurezza sul lavoro a tutela dei lavoratori.

La Corte Costituzionale con sentenza 58/2018, redatta dall’attuale presidente Marta Cartabia, dichiarò illegittimo il dl 92/2015 all’art.3. Tra le motivazioni con cui la Consulta ha dichiarato illegittimo il dl Renzi e Calenda leggiamo queste: “Il sacrificio di valori tutelati dalla Costituzione porta a ritenere che la normativa impugnata non rispetti i limiti che la Costituzione impone all’attività d’impresa la quale, ai sensi dell’art. 41 Cost., si deve esplicare sempre in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana… Così come è costante la giurisprudenza costituzionale nel ribadire che anche le norme costituzionali di cui agli artt. 32 e 41 Cost. impongono ai datori di lavoro la massima attenzione per la protezione della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori (sentenza n. 399 del 1996).”

Questa è una breve sintesi e quanto accaduto non è un fulmine a ciel sereno, come qualcuno vorrebbe far credere, colpa di un fondamentalismo giudiziario o ambientalista. Da oltre 4 anni governo, politica, sindacati e tanti altri sapevano che le prescrizioni non erano mai state attuate e che la Consulta aveva dichiarato illegittimo il dl 92/2015 di Calenda perché non rispettava gli art. 32 e 41 della Costituzione. Un dramma ha invece colpito le famiglie tarantine, ben nove, che hanno perso i loro figli per incidenti sul lavoro all’interno dell’acciaieria in questi ultimi sette anni.

Ora Arcelor Mittal minaccia di mandare 3500 operai in cassa integrazione se Afo 2 si dovesse fermare, ma Arcelor Mittal ha sempre saputo che sull’altoforno c’erano quelle richieste di prescrizione, lo sapeva oltre un anno fa quando sottoscrisse accordo e lo sapeva da oltre due anni quando aveva manifestato interesse per l’acquisizione di Ilva.

Non affronto in questo articolo il tema del dramma della salute, dell’inquinamento e delle politiche industriali sbagliate su Taranto, ma sulla vicenda Afo2 non si è detta la verità e ripristinarla è un atto di democrazia a prescindere da come la si possa pensare sul futuro dell’Ilva.

Articolo originale pubblicato su huffingtonpost.it il 12/12/19

Angelo Bonelli, coordinatore nazionale Federazione dei Verdi

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