Con le autonomie regionali, in che mani va l’ambiente

La chiamano autonomia, ma si legge ambiente, paesaggio e territorio a gestione differenziata. Con la riforma sulle autonomie regionali le competenze legislative, amministrative e finanziarie saranno trasferite alle regioni...
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La chiamano autonomia, ma si legge ambiente, paesaggio e territorio a gestione differenziata. Con la riforma sulle autonomie regionali le competenze legislative, amministrative e finanziarie saranno trasferite alle regioni in materia di ambiente, territorio, beni culturali e paesaggio. Il trasferimento di questi poteri è stato chiesto con forza dalla Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, che sono tra le regioni più colpite dalla speculazione edilizia, dall’alto indice di consumo di suolo e di impermeabilizzazione delle superfici agricole. Secondo i dati dell’Ispra nel 2017 la Lombardia ha il 12,99% di territorio di nuova cementificazione, seguita da Veneto con il 12,35% e poi dall’Emilia Romagna con il 10% mentre quasi il 25% di nuovo consumo di suolo avviene all’interno di aree soggette a vincoli paesaggistici.

Sono le stesse regioni che impediscono la costituzione del parco nazionale del delta del Po tra il Veneto e l’Emilia Romagna, o che hanno avviato lo smembramento di parchi in nome di una lottizzazione politica regionalistica come accaduto con il parco dello Stelvio. Sulla base delle norme previste nella riforma, queste regioni avranno il potere legislativo sui piani paesaggistici, sui vincoli vecchi e su quelli nuovi da apporre, mentre le Soprintendenze saranno regionalizzate. Si potranno rivedere vincoli paesaggistici, declassarli e rilasciare nulla osta per realizzare infrastrutture in aree sottoposte a vincolo paesaggistico.

Anche i poteri legislativi e amministrativi sull’urbanistica che erano dello Stato saranno trasferiti. L’Italia è un paese, unico in Europa, massacrato dall’abusivismo edilizio. Nessuna regione ha mai esercitato i poteri sostitutivi per demolire immobili abusivi a partire da quelli realizzati sul demanio e sulle aree vincolate: assisteremo a mini e maxi condoni edilizi regionali?

Con le competenze ambientali che passeranno alle regioni si ottiene di fatto la dissoluzione del ministero dell’ambiente, che dice il ministro Costa? Si trasferiscono poteri ” in materia di difesa delle acque, delle coste e dell’aria, anche in relazione a scarichi ed attività estrattive di idrocarburi”. La Lombardia ad esempio è la regione che aveva approvato una delibera che prevedeva lo spargimento sui suoli agricoli di fanghi di depurazione con concentrazioni elevatissime di idrocarburi, diossine e Pcb, delibera che fu annullata dal Tar perché la competenza era statale. Il problema lo risolsero i ministri Toninelli e Costa che inserirono, inspiegabilmente, nel decreto Genova sostanzialmente la stessa norma bocciata dal tribunale. Le regioni potranno deliberare in modo autonomo in materia di qualità dell’aria, che significa tutelare la salute, e sulle acque facendo venire meno quella necessaria unitarietà nell’azione di difesa dell’ambiente che deve valere su tutto il paese.

Come potremo dare una risposta alla sfida epocale dell’emergenza climatica senza una regia nazionale sulle politiche energetiche che porti il paese verso un fabbisogno energetico 100% rinnovabile ?

Con la riforma sull’autonomia differenziata viene meno quell’unitarietà nella tutela del territorio, del paesaggio e dell’ambiente che sarà differenziato regione per regione, venendo meno a quanto disposto dall’articolo 9 della nostra Costituzione, ed in questo modo l’Italia rischia di essere frantumata nelle sue radici storiche. Su questi aspetti della riforma emerge il silenzio di Di Maio, leader di quel M5S che aveva fatto della tutela dell’ambiente e del territorio un punto fondamentale del loro programma, tranne cambiare idea da quando è diventato ministro.

A cura di Angelo Bonelli per ‘la Repubblica’ 12/07/2019

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