Perchè vogliamo cacciare ‘l’uomo nero’ ?

Oggi è la Giornata mondiale del Rifugiato, che si celebra come ogni anno il 20 giugno, e dobbiamo ricordare perchè le persone sono costrette a fuggire dalla propria terra natale, divenendo così, migranti.
Aquarius3 - Migranti

Chi sono i migranti? Chi sono queste persone che arrivano e che si spostano dal loro paese di origine per fuggire da guerre, siccità, desertificazione, mancanza di acqua, nessuna possibilità di vivere una vita dignitosa nella loro terra natìa?
La risposta data negli ultimi tempi, in Italia (e non solo) è  “i migranti sono un nemico”. Si tratta di un messaggio veicolato attraverso la retorica della “pacchia sui barconi”, della “crociera” e , di fatto “dell’uomo nero” che viene a “rubare il lavoro” e a delinquere. Facile, no? Scaricare colpe e problemi di sicurezza sullo “straniero”, sul “diverso” per nascondere la testa sotto la sabbia nei confronti delle responsabilità che si hanno come cittadini, o in qualità di forza di Governo.

La battaglia inizia dalla semantica: la parola “paura” sta avendo la meglio su “solidarietà”, la parola “sicurezza” su “accoglienza”. Giorno dopo giorno stiamo assistendo al macabro spettacolo di persone che perdono lo status di esseri umani. Nessuna dignità, nessuna identità, solo una massa di “cose inutili”. Eppure dietro ognuno di quei volti c’è una storia, una famiglia, una casa, una vita, ma questo sembra non contare più. O peggio, queste vite sembrano avere meno valore di altre. E l’orrore di persone morte in mare per colpa della speranza di trovare aiuto, sembra non avere fine: sono sempre meno le mani tese per offrire un approdo sicuro, un rifugio dal gelo delle intemperie e del terrore.

Oggi è la Giornata mondiale del Rifugiato, che si celebra come ogni anno il 20 giugno, ed è nostro dovere ricordare che  25,4 milioni di rifugiati cosiddetti politici (UNHCR 2018), sono costretti a fuggire per un fondato timore di persecuzione (da parte di uno Stato) per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un particolare gruppo sociale (Art.1 Convenzione di Ginevra del 1951). Ma non sono i soli: ci sono altri migranti i cui diritti non sono menzionanti nella Convenzione di Ginevra, sono milioni di uomini, donne e bambini che hanno perso ogni cosa a causa degli effetti del cambiamento climatico e per colpa di fenomeni come la siccità, la desertificazione, l’innalzamento del livello del mare. Ma anche a causa dell’appropriazione di risorse attraverso pratiche (consentite anche grazie alla complicità dei governi locali) di deforestazione, land e water grabbing, estrazione mineraria da parte di Stati stranieri e multinazionali. Ci sono intere comunità che sono obbligate a lasciare le proprie terre per dare spazio a progetti di sviluppo aleatori o ancora a causa di conflitti armati collegati anche al clima, basti pensare al caso siriano.

Per qualcuno è più facile non vedere, credere a chi dice che in realtà queste sono tutte balle, che magari i cambiamenti climatici non esistono. Chi usa la paura e l’odio per governare, innesca una guerra fratricida non solo tra cittadini, ma tra esseri umani. Invece i disastri ambientali sono tra le maggiori delle migrazioni, soprattutto quelle che avvengono entro i confini degli Stati. Secondo i recenti dati del Global Report on Internal Displacement nel 2017 ci sono stati 30,6 milioni di sfollati interni, di questi 18,8 milioni hanno dovuto lasciare la terra d’appartenenza a causa di eventi climatic straordinari (inondazioni per 8,6 milioni e tempeste, principalmente cicloni tropicali, per altri 7,5 milioni). I Paesi più colpiti sono stati la Cina, le Filippine e Cuba. Al quarto posto troviamo proprio gli Stati Uniti. Quest’immagine ci dice che oggi nessun Paese oggi è al sicuro, anche quelli con il maggior livello di industrializzazione. Secondo le previsioni più ottimistiche entro il 2050 i migranti ambientali  saranno circa 250 milioni.

Alexander Langer nel 1994, nel Tentativo di decalogo per la convivenza interetnica, in uno dei punti del decalogo, sottolineava “l’importanza di mediatori, costruttori di ponti, saltatori di muri, esploratori di frontiera” perchè nelle nostre società “deve essere possibile una realtà aperta a più comunità, non esclusiva, nella quale si riconosceranno soprattutto i figli di immigrati, i figli di famiglie miste, le persone di formazione più pluralista e cosmopolita”.
Oggi purtroppo invece siamo di fronte alla costruzione di muri, reali o emotivi che siano,  nutriti costantemente da quella propaganda di odio e disinformazione a cui stiamo assistendo.

Una domanda, retorica solo in apparenza, che ci dobbiamo porre in qualità di cittadini europei  dovrebbe essere: come vogliamo che sia la nostra Europa? Accogliente, solidale o respingente e chiusa, trincerata dietro la paura?
La risposta da sostenere con forza, per chi crede che ogni vita umana abbia pari valore e dignità a prescindere da sesso, etnia o religione, è quella che dell’Iniziativa dei Cittadini Europei ( n.d.r. la ICE è un modo unico e innovativo per i cittadini di dar forma all’Europa invitando la Commissione europea a presentare una proposta legislativa. Se un’iniziativa popolare raccoglie un milione di firme, la Commissione decide quali provvedimenti adottare) dal titolo Welcoming Europe, lanciata da numerose ONG, partiti politici, tra cui i Verdi Europei, in cui si chiede :

  • Che i governi smettano di punire i volontari e le organizzazioni della società civile che offrono aiuto umanitario o protezione ai rifugiati.
  • Che si trovino strumenti più efficaci per proteggere le vittime dello sfruttamento lavorativo, della criminalità in Europa e delle violazioni dei diritti umani alle nostre frontiere.
  • Che si sostegnano i cittadini che vogliono offrire ai rifugiati una nuova casa e aiuto per costruire una nuova vita.

In concreto, cosa possiamo fare?
Per far sì che queste richieste vengano prese in esame dalla Commissione Europea servono 1.000.000 di firme, basta una semplice firma sulla petizione che trovate sulla piattaforma  TILT ! per partecipare a questa mobilitazione europea.
Firmiamo per un’Europa che accoglie.

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