Mi fa piacere che il mio intervento dell’altro giorno sia stato colto per l’apertura di un dibattito. Peccato, non fu così alla vigilia delle elezioni quando un mio contributo simile venne ritenuto non degno di pubblicazione sul sito dei Verdi. I contenuti erano molto simili, e forse avrebbero potuto portare ad una riflessione più profonda prima di lanciarsi della disastrosa scelta di “Insieme”. Eppure il mio spirito era, e resta, molto costruttivo. Io sono iscritto ai Verdi Europei e faccio parte del Gruppo Greens/EFA da due anni. Mi ritengo della grande famiglia verde che ha una proiezione globale, e non locale.
A me piace la musica verde, non la ritengo affatto incompleta. Peccato che il punto sia un altro: in Italia questa musica la ascoltano in quattro gatti. E siccome è la musica della cultura ecologista, che è la soluzione ai tanti problemi, dobbiamo fare in modo che molti, molti di più la ascoltino. Questa è la sfida.
Dire: “la nostra musica verde e la più bella, se gli altri non lo capiscono fatti loro” ci condannerà in eterno allo 0, % e quindi condanna la cultura ecologista alla non rilevanza. Esattamente come è stato fino ad ora. Siamo contenti di continuare a non contare nulla, siamo felici della nostra supposta bravura nell’aver capito per primi molti temi importanti, come il biologico, su cui ora tutti si avventano? Beh, ho una notizia: non serve assolutamente a niente se non riusciamo a smuovere un grande numero di persone.
Galletti non ha mai voluto rispondere a due domande che ho fatto già diversi mesi fa:
- Per quale motivo chi votava Verdi e li ha abbandonati dovrebbe tornare a farlo? Cos’è cambiato?
- Quali ragioni potrebbero spingere chi non ha mai votato Verdi a farlo ora? Che stimoli diamo a queste persone? Che messaggio? Che narrazione potrebbe ora convincerli se non lo ha fatto per 30 anni?
Aspetto ancora risposte.
Mi dispiace dirlo, ma la narrazione di Galletti, quella di “quelli dell’albero”, è tanto suggestiva quanto perdente. Siamo sempre al solito punto. Ci raccontiamo fra di noi che il nostro giardino è il più bello di tutti, ma non facciamo un passo per fare sì che gli italiani abbiano voglia di visitarlo.
Mi fa piacere sapere che, a un anno e mezzo di distanza da quando lo dicevo io, sembra che ora finalmente tutti si siano accorti che accodarsi col cappello in mano al primo gruppuscolo che passa – o al potente di turno – non serve a nulla. Lo dicevo e lo scrivevo dall’inizio del 2017. Ho accolto con orrore l’accodamento a Pisapia, in una fase nella quale nemmeno Pisapia stesso sapeva dove andare. Ancora peggio ho visto il progetto di Insieme, sulla scia di un PD lontanissimo anche dai temi ambientali. I fatti mi hanno dato ragione, e torto a chi invece voleva questi improbabili apparentamenti. La lezione sull’autonomia dei Verdi, dunque, è stata rivolta alla persona sbagliata. Sarebbe necessario una maggiore autocritica, altrimenti i risultati saranno sempre i medesimi.
Concentrarsi sui cambiamenti climatici, poi, non basterà. Non credo di aver bisogno di spiegazioni sull’importanza del tema (sono stato delegato alla Cop21 di Parigi, alla Cop22 di Marrakech, alla Cop23 di Bonn e andrò alla Cop24 di Katowice, oltre ad aver organizzato e partecipato a decine di incontri e conferenze, senza contare quelle in fase di pianificazione). Ma il tema va inserito in un contesto più ampio di risposta alle paure e necessità degli italiani, integrandolo con la risposta che la cultura ecologista può e deve dare alle loro paure e necessità. Dobbiamo essere più simili ai Verdi Europei, che sono in grado di parlare con autorevolezza di tutti i temi, fornendo anche soluzioni. Semplificando brutalmente, non puoi parlare di cambiamenti climatici a chi non ha lavoro o non si sente tutelato sotto altri aspetti, ma puoi dirgli: noi abbiamo una risposta diversa da quella che qualunque altra forza politica ti darà. E’ questa, è diversa da prima, è completa ed è inserita in un processo europeo e mondiale che la rende più efficace.
Per riuscire a fare tutto questo abbiamo bisogno di una svolta, di darci slancio dalle nostre radici verdi verso qualcosa di nuovo, e aperto a contaminazioni. Lo dobbiamo fare presto, per arrivare pronti alle scadenze elettorali, e dobbiamo capire che la prospettiva che abbiamo davanti è lunga. Ci servirà tanta energia, un’ottima comunicazione e nessuno che continui a guardarsi indietro con sterile nostalgismo.