Serve un Green New Deal: Donella H. Meadows ed un futuro sostenibile.

La storia della sostenibilità come risposta ai cambiamenti climatici, ecco perchè serve un nuovo Green New Deal
green new deal

«Prima di disturbare il sistema in qualsiasi modo, guarda come si comporta. Se è un pezzo musicale o un fiume in piena o una fluttuazione del prezzo di un bene, studia il suo ritmo. Se è un sistema sociale, guardalo al lavoro. Impara la sua storia»
Donella H. Meadows

“La sostenibilità è un’idea nuova per molte persone, e molti la trovano difficile da comprendere. Ma in tutto il mondo ci sono persone che hanno iniziato a fare questo esercizio di immaginazione per entrare in un mondo sostenibile. Queste persone lo vedono come un mondo che si proietta in avanti non con riluttanza, ma con gioia, non con un senso di sacrificio, ma con spirito d’avventura. Un mondo sostenibile può essere mille volte meglio di quello in cui viviamo adesso”. Così scriveva Donella H. Meadows all’apertura del nuovo millennio.

Ma non erano idee nuove per l’autrice de  “I limiti dello sviluppo“, un saggio destinato ad aprire un acceso dibattito già all’inizio degli anni Settanta. Si trattava del frutto di uno studio sugli effetti dei cambiamenti, analizzati sotto vari aspetti: quello demografico, economico, produttivo, sociale fino a confluire nel tema dei cambiamenti climatici, svoltosi presso il MIT (Massachusetts Institute of technology) e commissionato da Aurelio Peccei per il Club di Roma. L’intuizione di Peccei, affrontata già nel 1968 in un incontro fra un gruppo di studiosi dell’Accademia dei Lincei, trovò conferma nei risultati del gruppo di ricerca statunitense che utilizzò sistemi d’avanguardia come il computer model World3, un simulatore usato per analizzare l’impatto dell’azione umana sull’ambiente in un periodo di tempo di circa un secolo. Il tema affrontato dimostrò gli effetti devastanti sulle risorse naturali e sul territorio in un modello di crescita incontrollato.

Trent’anni dopo uscì un aggiornamento di quello studio da parte della stessa scienziata (The Limits to Growth: The 30-Year Update, 2004), in cui la Meadows confermò la teoria di un controllo sullo sfruttamento delle risorse e della necessità di compiere una svolta in favore della protezione degli ecosistemi:

“Non crediamo che una società sostenibile debba essere stagnante, noiosa, uniforme o rigida. Non ha bisogno di essere, e probabilmente non potrebbe essere, controllata dall’alto o autoritaria. Può essere un mondo che ha il tempo, le risorse e la volontà di correggere i propri errori, di innovare, di preservare la fertilità del suo ecosistema terrestre. Dovrebbe concentrare la propria attenzione in un incremento consapevole della qualità della vita più che un inconsapevole ampliamento del consumismo materiale e del capitale”.

E’ appena uscito nelle librerie il libro postumo Pensare per sistemi. Interpretare il presente, orientare il futuro verso uno sviluppo sostenibile, della scienziata dell’ambiente, deceduta nel 2001, con una prefazione di Carlo Petrini. L’argomento trattato appare via via più dibattuto ed allo stesso tempo più urgente come sembra aver percepito quella fetta della società più sensibile ai temi che aprono uno sguardo verso il futuro, oltre agli ecologisti che da anni si battono per le questioni ambientali: i giovani dello sciopero per il clima che si sono uniti alla battaglia di Greta Thunberg.

 

 

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