Viel Glück und viel Segen! – Buona fortuna e molte benedizioni!

vuotate le urne, vi scivolarono fuori i chiassosi vincitori. Finalmente, dopo tanta critica costruttiva da riempirci un’intera enciclopedia, dalla A di Anvedi le scie chimiche! fino alla ZZorbole, i rettiliani! (sì, si scrive sorbole, ma conta solo l’honestà!!1!), era venuto il loro tempo e non vedevano l’ora di riempirsi di gloria dimostrando a tutti di cosa erano capaci.
di maio salvini

Svuotate le urne, vi scivolarono fuori i chiassosi vincitori. Finalmente, dopo tanta critica costruttiva da riempirci un’intera enciclopedia, dalla A di Anvedi le scie chimiche! fino alla ZZorbole, i rettiliani! (sì, si scrive sorbole, ma conta solo l’honestà!!1!), era venuto il loro tempo e non vedevano l’ora di riempirsi di gloria dimostrando a tutti di cosa erano capaci.
Con un passato di tricolori usati per pulirsi il fondo schiena e di V-Day per indicare ai loro avversari da che parte andare e dove infilarsi spadoni e stelle prima di levarsi di torno, ogni cosa doveva essere magnifica e perfetta. Il governo del cambiamento stava per nascere e tutti si sarebbero presto accorti della differenza che passa tra essere governati da disonesti ed essere governati da incompetenti.

Intanto, con popcorn in mano, fiero del suo scagno in Senato, se ne stava il becione, quello bravo in l’inglese ma con un piccolo e fastidioso problema: lui vorrebbe solo dire qualcosa di intelligente e invece gli vengono in mente solo cose geniali. Che invidia!
Il più sereno, invece, era l’anziano con la fissa per la mona. Gli avevano restituito il cavallo e ora poteva riprendersi le chiavi del casinò (visto che quelle del casino non le ha mai appoggiate un istante).

Tutto questo prima che il Presidente Mattarella avesse la brillante idea di metterci del suo per incasinare le cose. Mentre scrivo, la situazione è in fermento e non si è ben capito se verranno indette nuove elezioni a settembre o se direttamente da Bruxelles faranno scendere un tizio con uno strano accento tedesco perché ci metta in riga tutti quanti.
Ma come siamo arrivati a questo? Com’è successo che la politica ha smesso di essere un disegno per determinare la condotta degli uomini, le modalità di stare tra loro insieme, la nobile arte di organizzare un presente in vista di un futuro che sappia essere rispettoso con chi verrà dopo, pur restando generoso con chi in questo mondo già ci vive?
Spesso conviene allontanarsi dal problema per cogliere i frutti che all’ombra di un’intricata matassa non crescono. Andiamo dunque lontano dalle liti televisive che si spacciano come uniche banditrici di verità, per tacer delle feroci risse che s’accendono regolarmente e che infiammano ogni social network.

Andiamo in quel tempo in cui l’umanità viveva secondo il ritmo triadico battuto da Hegel, in quel tempo in cui nessuno conosceva il significato di ciò che nutre il mondo contemporaneo: il nichilismo. Il ritmo triadico (tesi, antitesi e sintesi) è il battito che pulsa dentro al motore che faceva girare il mondo al tempo in cui Dio lo governava e la quotidianità degli uomini era un tutt’uno con la religione. Se noi togliamo il concetto di Dio dal medioevo, quel mondo diventa del tutto privo di senso e del tutto inesplicabile. Questo perché la quotidianità di ognuno era scandita da rapporti e tempi che affondavano le loro radici nella religione. Era quello un momento storico che, nonostante tutto, aveva una visione ottimistica della vita. Il passato era peccato, il presente è redenzione e il futuro sarà salvezza. C’era viva la speranza di un domani, anche se non terreno, di gioia e prosperità eterne. Seguirono poi vari e importanti avvenimenti, fino a giungere a un punto di svolta che cambierà ogni cosa e che verrà proclamato da Nietzsche con la funerea constatazione che Dio è morto.

Oggi siamo arrivati a un punto in cui al posto di Dio sono subentrate altri valori che danno senso al nostro mondo. E quali sono questi nuovi valori, emersi a cavallo tra vecchio e nuovo millennio? Denaro e tecnologia (compresa quella informatica). Se togliamo le parole denaro e tecnologia dal nostro tempo, priviamo la nostra era di significato e di valore. Dio è morto e al suo posto sono subentrate queste altre due realtà. Ma con la morte di Dio la sua visione ottimistica e il suo credere nell’eternità collassano e vengono sostituiti dal non senso che caratterizza profondamente la nostra era. Il nichilismo non è altro che l’assenza di un qualcosa che ci attiri verso il futuro, è il nulla davanti a noi. Ma se non hai una meta, ogni strada ti ci porta e il domani, incapace di promettere qualcosa, quando non viene vissuto come minaccioso, diventa comunque demotivante.

Con la caduta del mondo che ci ha preceduti, crollo di ideali e religione, è caduto anche il nostro futuro. Non c’è alcuna élite che cospira contro di noi, niente rettiliani o elohim. Semplicemente abbiamo confuso il progresso con lo sviluppo e ci siamo votati a quest’ultimo finendo per trasformarci in un semplice ingranaggio del nostro tempo, applicandoci e dipendendo dalle macchine che abbiamo inventato, ma che non abbiamo saputo utilizzare con un fine sociale.
Per Pasolini la differenza tra progresso e sviluppo sta in questo: il progresso è un miglioramento qualitativo della condizione  umana, lo sviluppo è l’aumento quantitativo di mezzi a disposizione che non necessariamente migliorano la condizione umana.
La storia che abbiamo finora conosciuto e che era tutta tesa al progresso, è finita. Ora si racconta un’altra storia, quella in cui uomini, materie prime e macchinari sono tutti impiegati per lo sviluppo di un mondo in cui siamo diventati ingranaggi e non più protagonisti. Ed è così che produciamo cose del tutto inutili e non ci occupiamo di quello che realmente potrebbe migliore la condizione di vita di miliardi di persone. Pensiamo al fatto che, nel 2017, il mondo ha pensato bene di spendere 1739 miliardi di dollari per armarsi a dovere, mentre per sconfiggere la fame, che attanaglia 3 miliardi di persone, sarebbero serviti poco più di 268 miliardi. Serve altro?

Oggi, inoltre, abbiamo talmente tante armi da poter distruggere per diecimila volte il nostro pianeta. La domanda è: che senso ha continuare ad aumentare la spesa in armamenti?
Ha senso, perché nell’era dello sviluppo tecnologico il fine ultimo di ogni cosa è il suo potenziamento, al di là dell’utilità o del pericolo che questo possa rappresentare. Lo sviluppo non si cura di nulla che non sia il suo consolidamento e perviene sovente a risultati disastrosi in ogni campo.
Che senso ha che la Deutsche Bank si metta a spacciare strumenti derivati alle pubbliche amministrazioni? Speculare coi conti di comuni, provincie e regioni è eticamente accettabile?

Sorvoliamo sul fatto che anche i politicanti che hanno accettato di firmare quelle bombe a orologeria sono anch’essi responsabili e complici, ma davvero la locomotiva d’Europa intende continuare a nutrirsi con alimenti tossici? Certo che sì! In parte perché non è facile tornare indietro, in parte perché dovrebbe abbandonare la strada dello sviluppo per ripercorrere quella del progresso e sarebbe talmente in controtendenza da finire fuori dal mercato. Più che “esco dall’euro”, suonerebbe come “esco dalla dalla galassia”. Già che ci siamo, un paio di cifre dovrebbero suggerire agli amici tedeschi meno insulti e battutine quando si avventurano a descrivere il black out della politica italiana: quel loro gioiellino chiamato Deutsche Bank, nel suo bilancio 2016, aveva un’esposizione in derivati che superava di poco i 27 bilioni di euro. Viel Glück und viel Segen!

In tutto questo è collassata anche la democrazia. Certo, la democrazia non c’è mai stata, ma era comunque un ideale regolativo. Quella che oggi noi abbiamo è una democrazia recitativa. La democrazia recitativa si svolge con tutti i rituali tipici della democrazia classica, con la propaganda, con il voto, con la proclamazione dei vincitori, ma non crea un reale controllo dei
governanti sulla realtà che dovrebbero governare. Questo perché il luogo della decisione si sposta dalle sedi consuete, parlamenti, governi e assisi varie, e le scelte vengono fatte conformemente alle necessità del tipo di sviluppo in quel momento è imperante (finanziario, tecnologico, bellico…)
Come l’esperienza ci insegna, è questa un’età della democrazia dove non contano i programmi, le alleanze e tanto meno le ideologie. Ogni promessa elettorale dev’essere intesa come dichiarazione d’intenti, non come obbligo formalmente assunto da chi si è voluto con esso impegnare.
Si hanno allora continue dichiarazioni contraddittorie: “Se perdiamo il referendum sul Senato, lascio la politica”; “A seguito di questa sconfitta elettorale del PD, rassegnerò le mie dimissioni da segretario”; “Dobbiamo uscire immediatamente dall’euro”; “Io non credo che sia più il momento dell’Italia per uscire dall’euro”; “Brutti terroni e terremotati…”; “Chiediamo scusa al
sud, sono brave persone!”.

Il motivo per cui nulla più conta è perché il progresso non è più lo scopo della politica. Ciò che si persegue è esclusivamente il suo potenziamento come apparato di controllo e guida. Se noi passassimo in rassegna l’operato della maggior parte dei nostri parlamentari e consiglieri regionali, scopriremmo che il loro risultato politico maggiore è stato essere riusciti a farsi
rieleggere innumerevole volte. La coerenza e l’avere a cuore il bene della collettività sono dei beni che lo sviluppo ci ha tolto, in
pagamento, come spesso suol fare, dei suoi benefici. Ciò che sta accadendo in questi giorni in Italia segna un punto di non ritorno. La politica che verrà, sarà fatta di superficialità profonda e il mondo descritto in quell’incubo sociale che è 1984, finirà per assomigliare un po’ di più alla nostra realtà. Dobbiamo abituarci all’idea che il nostro voto si riduca a un mero adempimento, senza che ne consegua nulla di tangibile nella composizione e nell’azione di chi avrà il privilegio di governarci. Dopo tutto, anche loro non contano nulla. Siamo tuttavia certi che si dedicheranno all’astrazione con molta concretezza.

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