Il 6 settembre la notizia della firma del contratto tra sindacati e Arcelor Mittal è caduta come una tegola sulla testa di molti tarantini che erano da mesi in attesa delle decisioni del nuovo governo in materia di Ilva. C’è stata un’accelerazione brusca che io non mi aspettavo nelle notti della trattativa perché, come si è poi scoperto, il governo ha modificato le condizioni del Piano ambientale, con una modifica dell’addendum allo stesso, pur di favorire l’accordo. Ho letto l’avverbio “finalmente” ovunque nei commenti per il salvataggio di migliaia di posti di lavoro e mi sono chiesta “Sarà vero?”, alla luce delle notizie sulla vertenza Florange in Francia che ha spinto il governo ad intervenire con la legge omonima per provare a salvare l’occupazione in un sito siderurgico.
La notizia più sconvolgente non è però andata in prima pagina!
Il governo ha deciso di ignorare tutte, ma proprio tutte, le richieste dei vari comitati ambientalisti. Sono rimasta senza parole per questo. Non c’è stato nessun tentativo di accogliere suggerimenti e proposte per quanto unanimi e qualificati. Niente di niente. I comitati sono andati ben cinque volte a parlare con i ministri tra la fine di giugno e l’inizio di settembre ed ogni volta hanno consegnato documenti prima con le proposte e riferito sullo stato dell’arte all’uscita. Hanno reso pubblici studi e proposte in anteprima e riferito la loro opinione sui risultati all’opinione pubblica e dunque al governo e ai parlamentari. Tra le richieste principali c’erano l’abrogazione della norma voluta dal governo Renzi che prevede l’immunità penale ed amministrativa a vantaggio dei commissari e poi degli acquirenti dell’Ilva e la valutazione – preventiva – di impatto sanitario, uno strumento che non si può utilizzare a Taranto a causa di una esenzione incomprensibile, cioè di una norma che la prevede ex post. In definitiva il governo si è comportato come se non dovesse dare conto a nessuno. In effetti c’è stato troppo silenzio su come tutelare l’ambiente e la salute nella politica italiana e tutti erano concentrati sulla tutela del lavoro. A cose fatte sono emerse critiche pesanti e concordi proprio sulla necessità di abrogare le due norme sull’immunità penale e sulla valutazione ex post del danno sanitario, ma per il governo la questione è chiusa. E’ chiusa per i parlamentari. Non è chiusa per una parte dei media che hanno dato spazio al presidio in piazza della Vittoria, organizzato proprio il 6 e 7 con incredibile preveggenza dai comitati. Anche la stampa internazionale chiede notizie. A quel punto il governo ventila l’ipotesi di mandare gli ispettori negli impianti, dimenticando che presso il Ministero dell’Ambiente ci sono le relazioni trimestrali dell’ISPRA che hanno sistematicamente segnalato l’inadempimento delle prescrizioni dell’AIA e/o l’adempimento parziale, come ad esempio l’acquisto di materiali che però non sono stati montati. Di fronte a questi risultati i governi precedenti hanno deciso proroghe delle scadenze con decreto. Mi sarei aspettata che pur non rispettando l’impegno di chiudere, il governo avrebbe stabilito qualche paletto e qualche sanzione, ma così non è stato. Ricordo che il primo decreto Ilva del dicembre 2012 prevedeva sanzioni fino al 10% del fatturato per l’inadempimento dell’Autorizzazione, un organo ed un’apposita procedura di controllo, tutto poi abrogato con il secondo decreto e grazie ad un emendamento M5s.
A voler pensar male, si fa peccato, ma…
Le scelte del governo in materia di Ilva riportano indietro la questione ambientale a prima del 2012. A Taranto è stato imposto il gioco dell’oca anzi no, il passo del gambero. Gli impianti più pericolosi per la salute sono infatti ancora sotto sequestro e il nuovo “padrone” non rischia sanzioni adeguate. Anzi ha l’immunità penale ed amministrativa. Eppure i dati sullo stato di salute a Taranto sono stati tutti gravissimi e concordanti in questi anni e non c’era nessun motivo per mollare la presa.
Si è scelto di perpetuare il conflitto politica magistratura intorno al caso Taranto, rimanendo in evidente continuità con il governo Monti e con quelli Pd.
Per certi versi le scelte del governo confermano i timori che abbiamo espresso durante l’ultima campagna elettorale e cioè che il M5s non avesse una strategia nazionale per affrontare la questione Ilva e che le promesse di chiusura, peraltro spesso a titolo personale, tra chiusura programmata in dieci anni e chiusura immediata, fossero infondate. Non si può proporre la chiusura dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa, se non si è predisposto un programma di interventi condiviso nel movimento politico a livello nazionale. Di fatto Di Maio non aveva modo di rifiutare Arcelor Mittal perché si sarebbe trovato nella stessa condizione del governo Monti nel 2012, con l’aggravante che il M5s si è vantato per anni di essere l’unico partito che difendeva l’ambiente. A Taranto poi i penta stellati hanno fatto una campagna elettorale durissima contro i Verdi, campagna che ha avuto successo per la cultura dell’anticasta che è dominante.
E’ stato veramente difficile, direi impossibile, far comprendere la natura proporzionale della legge elettorale e l’autonomia che noi avevamo con la lista Insieme.
Tanto per dire, io non ho chiesto a nessun Casalino il permesso di dire la mia sulle questioni che ritenevo rilevanti, neanche agli alleati di lista che in realtà avrebbero avuto, loro sì, diritto di parola.
La posizione sull’Ilva è stata discussa in ben tre assemblee nazionali della Federazione e non è certo modificabile per un’alleanza, ma a causa della campagna denigratoria dei soliti noti, non è stato possibile spiegarlo ai tarantini.
Rifarei l’alleanza per l’uninominale con il Pd? No. Gli elettori erano determinati a sbatterli fuori dal parlamento, qualunque cosa avessero detto. Abbiamo sbagliato a non cogliere fino in fondo questo sentimento. In più è di tutta evidenza che il Pd ha sbagliato contenuti, candidature ed organizzazione, specialmente in Puglia e a Taranto. E’ stato un errore e me ne prendo la responsabilità.
Dispiace che nessuno dei Verdi sia entrato e soprattutto il caro Angelo Bonelli perché sono sicura che le sue proposte e critiche si sarebbero trasformate in azioni parlamentari già a giugno.
Nei giorni successivi al 6 settembre ho avuto l’impressione di essere stata sepolta da una frana enorme a base di “I posti di lavoro sono salvi! Finalmente!”, mentre il nostro dramma rimaneva fuori da tutte le dichiarazioni; poi mi sono ricordata del motto che Vincenzo Fornaro ha scelto per la sua campagna per le comunali 2017: “VOLEVANO SEPPELLIRCI MA NON SAPEVANO CHE ERAVAMO SEMI”
Non è il momento di piangere, ma di rimboccarci le maniche e spiegare ad ognuno dei nostri amici e conoscenti cosa significa il Piano ambientale. Già sono evidenti i primi segnali di vicinanza da tutta Italia e la petizione lanciata a fine luglio per abolire l’immunità penale, mentre tutti parlavano di posti di lavoro, ha raggiunto più di 3.500 firme. E’ un numero ragguardevole per una realtà piccola come i Verdi e per una questione scomoda per la politica come Taranto. Ripartiamo dal cercare una risposta ad una domanda a cui la politica non ha ancora dato una risposta: “Come si tutelano i bambini dei Tamburi?” che poi vale per tutti i bambini che vivono nei SIN d’Italia e vicino ai siti contaminati.