Vincenzo Fornaro è il candidato sindaco dei Verdi a Taranto che vuole una città più salubre e sostenibile per tutelare la popolazione
Vincenzo Fornaro è un ex pastore del tarantino che a causa dell’inquinamento da diossine prodotto dall’ILVA di Taranto è stato costretto a dover sopprimere più di 600 ovini del suo bestiame: da quel momento in poi ha deciso di dedicarsi attivamente alla politica ambientalista, dapprima ex co-portavoce provinciale dei Verdi, nel 2014 si è candidato alle europee come capolista della lista Verdi europei-Green Italia per la circoscrizione Sud. Da questo suo vissuto arriva la sfida della candidatura a sindaco con la lista “Taranto Respira”. Fornaro oltre il sostegno dei Verdi, ha avuto anche il pieno appoggio di Civati e Possibile e del sindaco di Napoli Luigi De Magistris con DemA, con i quali sta riempiendo le piazze di Taranto. Ecco cosa ci ha raccontato Vincenzo sul suo progetto per la città pugliese.
Il futuro di Taranto è senza Ilva?
“Noi non siamo disfattisti o allarmisti ma quel modello di sviluppo ormai è destinato al fallimento. O si cambia, e si diventa ad esempio come Bilbao, oppure il futuro di Taranto è senza Ilva. Il governo prometteva ‘ambientalizzazione’ ma nel piano industriale della cordata che hanno scelto, Am Investco Italy, la questione salute è messa nuovamente in secondo piano e a questo, stavolta, si aggiunge la beffa di 6400 esuberi. Per questo riteniamo necessaria la chiusura di Ilva. Il piano B c’è ed è il reimpiego degli operai nelle bonifiche delle aree compromesse dal siderurgico. Il settore dei green jobs è in grande crescita. Solo nel 2015 ha fruttato 200 miliardi di euro al Pil italiano. Lo dice UnionCamere nel Rapporto 2016 stilato con GreenItaly. Perché solo a Taranto una graduale riconversione non può avvenire? Mentre dal 2012 ci interroghiamo se chiudere o no, abbiamo perso cinque anni preziosi per programmare il cambiamento. Noi siamo anche per l’apertura di una vertenza Taranto, in cui il sindaco possa finalmente alzare la voce a Roma. Finora la politica locale è stata protagonista assente, se non connivente, delle trame di un governo che pensa a salvare le banche ed i nuovi acquirenti di Ilva, con l’immunità penale, piuttosto che la gente di questa “.
Perché è necessaria una forza ambientalista a Taranto?
“Perché a Taranto ci sono Autorizzazione Integrate Ambientali a colossi come Ilva, Eni ed Edison, troppo permissive e che vanno riviste. Perché a Taranto c’è un’emergenza ambientale e sanitaria che non può lasciarci indifferenti. Perché a Taranto ci sono discariche intorno a cui girano interessi milionari e su cui occorre esercitare un controllo. Perché a Taranto non c’è raccolta differenziata, mentre noi puntiamo a ‘rifiuti zero’. Perché a Taranto si sta sviluppando un indotto legato ai lavori green che potrebbe regalare una nuova speranza alla città. Perché a Taranto le piste ciclabili sono poche e scollegate ed il mare non viene utilizzato come risorsa economica. Le ragioni sarebbero tantissime, queste sono solo alcune”.
Come è nato l’appoggio da parte di de Magistris, Civati e Bonelli?
“Con semplicità. Sono grandi leader politici che si riconoscono nel progetto di città che abbiamo in mente. Una città inclusiva, antirazzista, non piegata alle lobby ed ai poteri forti. Tutti e tre sono venuti a Taranto per sostenermi. È un progetto politico a lungo termine non un apparentamento nato nell’occasione delle amministrative. E per me non può che essere un onore avere il sostegno di personalità di questo calibro”.
La sua storia è la conseguenza dell’inquinamento a Taranto, da cosa è partito e quali sono gli obiettivi da raggiungere?
Sì, per me parlano i fatti. I veleni industriali mi hanno procurato un tumore al rene, asportato, e la morte di mia madre nel 2003. Sono un imprenditore agricolo ed allevatore, che vive ancora oggi nella masseria di famiglia, a pochi chilometri dall’Ilva. Sono diventato tristemente famoso quando la Asl prelevò 600 capi di bestiame dalla nostra tenuta, perché gravemente contaminati da diossina. Ho dovuto licenziare personal storico e chiudere l’azienda ma non mi sono mai arreso.
Dal 2014 ha riconvertito la mia produzione puntando sulla canapa ed ho trasformato la tenuta in maneggio e masseria didattica. Con un gruppo di amici con cui da dieci anni conduciamo battaglie ambientaliste ed insieme a tanta gente che si è unita al nostro percorso strada facendo, abbiamo scritto un programma amministrativo innovativo. Puntiamo su green jobs, turismo, cultura, import export di prodotti agricoli grazie al porto, no tax area per chi apre attività in Città vecchia, concessione di spazi in comodato d’uso gratuito alle associazioni che si impegnano per portare servizi, cultura e sport. Vogliamo una città con più verde urbano, a rifiuti zero, che sfrutti il mare anche negli spostamenti, con idrovie, piste ciclabili a raggiera e senza barriere architettoniche. Non si può pensare più ad un’economia che non sia equa e sostenibile. Non lo diciamo noi, lo dice l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, sui cui obiettivi abbiamo incentrato tutto il nostro programma. Lo dice anche l’Istat, che considera tra gli indicatori di ricchezza del Paese il Bes, il Benessere Equo e Sostenibile, che siamo gli unici a citare nel nostro programma. Insomma l’obiettivo è trasformare Taranto in una moderna città europea. Noi ci crediamo”.
Per leggere il suo programma completo è possibile farlo qui.