Negli Stati Uniti un articolo su tutti ha rotto il muro della difficile comunicabilità del tema dei cambiamenti climatici. L’autore, giornalista del New York Magazine, David Wallace Wells, lo scorso luglio ha pubblicato un articolo dal titolo “The Uninhabitable Earth” (ovvero “La Terra Inabitabile”, che potete trovare nella sua versione originale e integrale qui ) . Attraverso la raccolta di testimonianze, interviste con i maggiori climatologi e scienziati esperti nel settore, Wallace ha voluto far cadere “il velo di Maya” su una questione che, specialmente negli USA, viene trattata con una certa reticenza: le conseguenze dei cambiamenti climatici.
Numerosissimi sono gli spunti di riflessioni proposti dall’autore, ma conviene procedere per gradi. Innanzitutto una prospettiva interessante che ha posto nella prima parte del suo articolo è proprio quello del clima di reticenza che c’è negli Stati Uniti riguardante l’argomento e il fatto che il paese sia “governato da tecnocrati che pensano di poter risolvere tutto”, ma anche la paura che ciò che venga detto venga interpretato come “fantascienza” o sulla scia degli allarmismi apocalittici che invadono quotidianamente i nostri social network. Ebbene di fatto quello di David Wallace Wells è un articolo apocalittico basato su dati scientifici, alcuni dei quali debbono attirare necessariamente la nostra attenzione.
Quali sono tutte le conseguenze dei cambiamenti climatici ?
La base del problema è, chiaramente, l’innalzamento delle temperature mondiali che sta avvenendo sempre più rapidamente a causa delle emissioni di gas serra prodotte dalle industrie, dalle automobili dall’utilizzo di energie derivanti da materiali fossili e molto altro. Quest’anno però una notizia più drammatica delle altre ha raggiunto le cronache: parte del permafrost (ovvero lo strato di ghiaccio perenne che ricopre le zone artiche) ha iniziato a sciogliersi. Ad esempio vi avevamo parlato del caso della Groenlandia (che potete leggere qui ) devastata dagli incendi a pochissima distanza dalle nevi perenni che si sono assottigliate di molto. Ebbene secondo quanto emerge dall’articolo “il permafrost contiene più di 1800 tonnellate di carbonio, più del doppio di quello che oggi è sospeso nell’atmosfera terrestre. Quando il ghiaccio si scioglierà quel carbonio potrebbe evaporare sotto forma di metano che, in un arco di tempo di un secolo, è un gas serra 34 volte più potente dell’anidride carbonica in termini di riscaldamento globale. Parlando in termini di venti anni, ben 86 volte più potente”.
Quindi se questo gas venisse liberato nell’atmosfera si avrebbe una velocità di riscaldamento del pianeta molto maggiore, se si aggiunge anche che il ghiaccio è sciolto e quindi non avrebbe più la sua capacità di riflettere i raggi solari, che a loro volta verrebbero assorbiti per intero dal terreno. Poi ci sarebbe uno spesso strato di nuvole che farebbe aumentare ancora di più la temperatura impedendo al calore di disperdersi verso l’alto, ed inoltre si perderebbe la capacità da parte delle foreste di “ripulire l’aria” perché con un aumento così drastico della temperatura le piante morirebbero.
Un’altra osservazione su cui è necessario soffermarsi è quella che riguarda la soglia dei 2 gradi stabilita dagli Accordi di Parigi dalla COP21. Stando alle indagini del giornalista, continuando con i ritmi di emissioni attuali la previsione di sforare questa soglia è inevitabile. L’autore ci ricorda, proprio in relazione a questo che già solo 4 gradi in più di media delle temperature globali sono state lo scenario di alcune delle grandi estinzioni di massa che la Terra ha visto susseguirsi nei miliardi di anni e che attestano che con una temperatura di quel tipo gli oceani avevano un livello molto più alto di quello che vediamo oggi. Si cita in proposito l’estinzione dei dinosauri avvenuta circa 252 milioni di anni fa e che avvenne, non come si crede causa di un asteroide, ma proprio a causa di una concentrazione di gas serra che ha determinato l’estinzione del 97% delle forme di vita esistenti.
Morte per calore, scarsità o impossibilità a trovare del cibo, epidemie di nuove malattie dovute a batteri liberati dallo scioglimento dei ghiacci, guerre costanti, aria irrespirabile, oceani avvelenati e crisi economica permanente. Queste sono le conseguenze da scenario da film apocalittico che vengono proposte dall’articolo di David Wallace Wells. Ad esempio città come New York in cui le temperature oscilleranno perennemente intorno ai 40 gradi rendendo difficile la sopravvivenza per il sopraggiungere di ipertermia e stress da calore, intere porzioni di globo non più abitabili, compresa l’Europa che entrerebbe a far parte delle aree aride del pianeta.
Cambiamenti climatici, al via un nuovo dibattito
Questo articolo ha sollevato il dibattito all’interno della comunità scientifica statunitense e ci sono alcuni scienziati che hanno commentato l’evoluzione dei cambiamenti climatici in modi differenti. Se la studiosa Victoria Herrmann sul Guardian (che potete leggere qui) afferma che una retorica apocalittica non è fruttuosa, ma potrebbe presentare dei risvolti pericolosi e che bisognerebbe concentrarsi di più su chi lotta quotidianamente per salvare la società da questa apocalisse, Rebecca Onion su Slate Magazine (potete leggere il suo intervento qui) ribatte che la paura di scenari apocalittici ha fermato escalation del calibro della lotta agli armamenti nucleari durante la Guerra Fredda e che può essere uno dei maggiori deterrenti. Poi c’è la posizione di Amitav Ghosh (di cui vi abbiamo parlato qui) che dice che i cambiamenti climatici sono l’evento più importante a livello globale che stiamo vivendo, ma che stiamo affrontando con passività maggiore rispetto ad altri eventi potenzialmente catastrofici affrontati in passato, questo perché essi appaiono più distanti dalle persone non trovando spazio nell’immaginario collettivo.
Che cosa si può fare?
Le soluzioni della comunità scientifica propongono l’utilizzo di sostanze chimiche da rilasciare nell’atmosfera (come l’anidride solforosa) che trasformandosi in acido rifletterebbero i raggi solari, oppure lo studio di nuove tecnologie in grado di catturare il carbonio presente nell’aria. Tuttavia la cosa più importante da fare sarebbe quella di ridurre al minimo le emissioni di gas serra da subito (vi abbiamo proposto qui 3 modi per accelerare la transizione ecologica), per evitare il peggioramento di una situazione che è già grave e che potrebbe rendere lo stesso pianeta Terra il peggior nemico per l’essere umano senza aver la necessità di tirare in ballo asteroidi mortali o terribili creature extraterrestri.