Crisi economica: qualche suggerimento pratico che potrebbe aiutare il Paese

La domanda su come sia possibile uscire dalla attuale crisi economica da sempre presenta risposte molteplici e nella maggior parte dei casi, vaghe. Ecco qualche suggerimento pratico.

La domanda su come sia possibile uscire dalla attuale crisi economica da sempre presenta risposte molteplici e nella maggior parte dei casi, vaghe.  Ecco qualche suggerimento pratico.

Come si esce dalla crisi economica? Come si crea il lavoro? Come si fa ripartire la spesa degli italiani?

Queste sono le domande che sono fatte più spesso ai politici dai giornalisti, mentre i comitati attendono invano soluzioni alle crisi ambientali di Gela, Taranto, Brescia che richiedono interventi urgenti per le bonifiche e mettono a rischio altri posti di lavoro. La crisi economica dura da dieci anni e non si vede via d’uscita.

Poi si scopre che l’Italia è al penultimo posto per numero di laureati nell’Unione Europea, che Oslo capitale di un Paese che ha importanti giacimenti di petrolio, si è data l’obiettivo di chiudere il centro alle auto entro il 2019 e che varie case automobilistiche tedesche sono arrivate a insidiare il primato della Tesla nella produzione di auto elettriche. Negli ultimi tempi è evidente la diffusione del car sharing con mezzi elettrici. Questi sono solo alcuni dei fatti di cui la politica italiana non tiene conto, lasciando senza risposta intere generazioni che chiedono verso quale obiettivo si debba andare. Se il costo del lavoro è diminuito e il lavoro non si crea, è ben evidente che dipende dal fatto di applicare ricette vecchie.

Serve un cambio di paradigma!

Un esempio è il car sharing che può essere molto utile a chi abita nei centri storici e usa l’auto prevalentemente la sera o per viaggi. Perché sostenere le spese di un mezzo proprio e per di più occupare il parcheggio in centro? Altro esempio sono le banche ore che permettono di scambiare tempo a livello locale o i mercatini dell’usato per beni che possono ritrovare una nuova vita (libri scolastici e vestiti) e aiutare le famiglie più fragili, riducendo i rifiuti.

Possibile che non si comprenda che la “condivisione” può fornire servizi idonei ai cittadini rispondendo ai bisogni – molto eterogenei e parcellizzati – del ventunesimo secolo e nello stesso tempo, ridurre l’inquinamento?

Penso inoltre che come ecologisti dobbiamo chiedere al sistema formativo di creare le competenze del ventunesimo secolo. Possibile che proprio nei SIN manchino i tecnici delle bonifiche o gli esperti di monitoraggio? Mancano però altresì le competenze politiche perché in Italia vengono gli studi internazionali sui settori nei quali si può creare occupazione. Senza innovazione, come si possono affrontare le crisi ambientali che mettono in discussione allo stesso tempo l’ambiente, il lavoro, la salute e gli equilibri sociali? Possibile che le campagne elettorali si giochino ancora sul cemento e non sull’efficientamento energetico degli edifici?

Fulvia Gravame  Responsabile politiche ambientali, bonifiche e beni comuni

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