Dopo i risultati delle elezioni di domenica scorsa, e il risultato per molti inaspettato dei partiti verdi in Baviera, Lussemburgo e Belgio, la cosiddetta “onda verde” è stata accolta in Italia come una buona notizia e da una nutrita serie di commenti sui motivi perché da parecchio tempo non ci fosse qui una opzione elettorale comparabile; qualche esponente politico si è perfino posto come possibile interprete in Italia di questa urgenza ambientalista con effetti spesso paradossali (basti pensare a Di Maio, un politico lontanissimo dai Verdi europei per cultura e sistema valoriale..). Questo nuovo entusiasmo si è saldato con la proposta, già formulata in precedenza, ma con una minore enfasi sul tema ambientale, con l’idea di una lista unica progressista, europeista e appunto ecologista a guida PD per le elezioni europee 2019, proposta da autorevoli esponenti di quell’area, da Prodi a Veltroni a Martina, a Gozi, a Calenda.
Fermo restando che sono contenta che ci sia una repentina consapevolezza del fatto che sia necessario integrare la battaglia sui cambiamenti climatici e la qualità dell’ambiente tra i temi imprescindibili per attrarre consenso, credo che questa non sia una buona idea. Mentre credo che sia urgentissimo riaggregare e dare rappresentanza autonoma in occasione delle elezioni europee ad uno spazio politico plurale, ma chiaramente ecologista e federalista, fortemente impegnato sui temi della giustizia sociale e della solidarietà, capace di privilegiare in modo molto visibile il protagonismo delle donne; una proposta in grado di sfidare e superare il quorum del 4% voluto nel 2009 soprattutto da Veltroni, giustamente per eliminare ogni opzione fuori dal PD. In fondo, la proposta di una lista unica, suppostamene ampia e aperta, ma che in realtà finirebbe subito invischiata nel dibattito interno del PD, è una riproposizione della “vocazione maggioritaria” con altri mezzi; e sarebbe una trappola mortale per opzioni forti e distinte come quella ecologista, ma anche per quella più libertaria e solidarista in tema di diritti e giustizia sociale, soprattutto in un sistema proporzionale e con voto di preferenza.
In un supposto listone, temi come la scelta di investire su grandi infrastrutture o sulla manutenzione e la cura del territorio, l’urgenza dell’uscita dalla dipendenza dai combustibili fossili (e quindi anche dal gas) per puntare su rinnovabili ed efficienza, l’intransigente difesa dei diritti di tutti e dunque anche dei giovani di origine straniera, di chi vuole lasciare questa vita quando non la considera più di degna di essere vissuta o di chi vuole sposare chi ama, la dura critica alle manie di grandeur di Macron o le rigidità della Merkel, la necessità di una riforma profonda delle istituzioni europee a partire dall’Eurogruppo, sarebbero tutti temi di conflitto e contraddizione infiniti. Mentre questi sono questioni cruciali nella battaglia per la nuova Europa, che devono trovare spazio e rappresentanza in un dibattito aperto e franco. Il mondo “europeista” è variegato e plurale, come i suoi sostenitori. Pretendere di frustrarli per costruire un fronte posticcio significherebbe restringere in modo eccessivo la scelta e facilitare in molti elettori ed elettrici la scelta astensionista o sovranista, cosa che avrebbe un effetto deleterio sulle maggioranze al Parlamento europeo e anche sulle prospettive della costruzione di una alternativa in Italia.
Non bisogna confondere frammentazione e pluralità. I successi dei Verdi/ALE al Parlamento Europeo, un gruppo che rappresenta anche partiti non solo strettamente ecologisti, dimostra che a partire da unità, coerenza, competenza, capacità di dialogo si possono ottenere risultati clamorosi (dal voto sull’Ungheria, alla privacy, alla migrazione, all’energia, all’ambiente…) pur non disponendo di una maggioranza prestabilita. Per portare a un voto convinto e libero dobbiamo organizzare anche in Italia in un arco di forze a “geometria variabile” e avendo ben chiaro in testa che gli avversari da battere sono soprattutto quelli che oggi vogliono distruggerla, mandando anche contro un muro l’Italia, e cioè la Lega, i suoi alleati e il M5Stelle: il quale sarà anche più sensibile ai temi verdi che il suo partner di governo, ma sta dimostrando ogni giorno che ecologia e diritti sono orpelli che si possono gettare a mare per mantenere il potere a ogni costo.
Nulla di più lontano dall’ecologia politica del XXI secolo…
Questo articolo è uscito su Huffington Post