L’emergenza incendi non è solo un problema dell’Italia ma si tratta di una vera e propria calamità globale che tende ad autoalimentarsi: gli incendi fanno aumentare le temperature e le temperature più alte fanno aumentare gli incendi
Non solo l’Italia è attanagliata nella morsa dei roghi in questa estate 2017 che rimarrà certamente nella memoria dell’opinione pubblica come una delle più devastanti a causa dei moltissimi incendi che si stanno susseguendo da mesi in ogni parte del globo terrestre. Le cronache di questi giorni di metà agosto in tutto il mondo vedono una presenza massiva del fuoco nelle notizie, l’Europa, la Russia, il Canada, il Sudamerica e persino la Groenlandia stanno vivendo in moltissime aree un inferno rovente.
Della situazione dei roghi in casa nostra vi abbiamo ampiamente parlato nel Dossier “Le mani sporche degli incendi” (potete scaricarlo qui), per comprendere per intero la situazione bisogna andare a vedere cosa succede nel resto del mondo. Gli ultimi dati sono piuttosto allarmanti, in Russia, nella zona della Siberia stanno bruciando 1,6 milioni di ettari di foresta, cosa che ormai non stupisce nemmeno più gli abitanti, considerato che negli ultimi anni i roghi in quella zona sono “normalmente” di quelle dimensioni. Il Canada, nella zona della British Columbia, è preda degli incendi da settimane, i numeri parlano di circa 160 roghi nell’area e la necessaria conseguente evacuazione di circa 40.000 persone dai luoghi a rischio, ricordiamo il caso della cittadina di William Lake che nel periodo attorno alla metà di luglio 2017 ha dovuto far evacuare oltre 16mila persone proprio a causa del fuoco di dimensioni enormi che si stava avvicinando inesorabilmente al centro abitato.
Per tornare nel continente Eurasiatico, secondo i dati forniti dal progetto Copernicus (vedi mappa qui), le aree coinvolte in roghi negli ultimi 30 giorni vedono una percentuale altissima di zone bruciate e di incendi attivi dal Portogallo, le cui tragiche notizie di roghi e vittime arrivano incessanti sin dai primi giorni del mese di giugno, alla Spagna, al sud della Francia, ai Balcani, alla Grecia fino ad arrivare alla Turchia e al Mar Nero. Nell’immagine che segue – sempre tratta dal sistema Europeo di monitoraggio degli incendi – sono rappresentati solo i roghi divampati e attivi negli ultimi 7 giorni, ovvero in un periodo compreso tra il 10 e il 17 agosto. La fotografia è rappresentativa di come questa “macchia rossa” abbia coinvolto una porzione rilevantissima di continente.
Il mondo brucia, nessuno escluso. A testimonianza di questa frase c’è un fatto che in linea teorica ha dello sconvolgente: brucia anche la Groenlandia. Greenreport ci informa che da settimane c’è un rogo enorme che insiste su questa terra dimenticata dai notiziari, e la distesa di tundra in fiamme è situata a soli 150 km dal Circolo Polare Artico (ovvero meno della distanza Roma-Napoli) e a soli 50 km dalla calotta di ghiaccio perenne della Groenlandia, che a sua volta si sta riducendo in maniera sempre più veloce.
Un sistema che si autoalimenta: gli incendi e il riscaldamento globale
Questa quantità di incendi nel mondo assume delle sfumature apocalittiche, ma in generale nel mondo la lotta e la prevenzione dei roghi è decisamente molto indietro. Ci si trova di fronte ad un circolo vizioso anti ecologico: secondo l’Onu gli incendi sono un fattore importante per i cambiamenti, climatici. Sempre secondo Greenreport le emissioni di CO2 derivanti dagli incendi boschivi sono seconde in quantità solo a quelle provenienti dai combustibili fossili e nonostante non ci siano studi che ad oggi riescano a quantificare precisamente l’impatto dei roghi sul cambiamento climatico, in un dossier ovvero il Global Assessment Report pubblicato nel 2013 dall’United Nations office for Disaster Risk Reduction (Unisdr) viene specificato che: «L’impatto devastante degli incendi boschivi sulle risorse naturali non è stato quantificato o tenuto sufficientemente di conto. Gli incendi danneggiano numerosi servizi ecosistemici, compresi lo stoccaggio di carbonio, il sostegno alla biodiversità, la protezione delle fonti idriche, la riduzione dell’erosione dei suoli e il degrado delle terre e la regolazione del clima. Questo tipo di incendi può attualmente innescare una perdita di servizi ecosistemici nell’ordine da 146 a 191miliardi di dollari all’anno».
Sempre in proposito, alcune settimane fa, in merito ai tragici roghi dell’Isola di Madera e del sud della Francia si è espresso Robert Glasser, Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell’Onu per la riduzione dei rischi di catastrofe, appellandosi ad una diffusione della cultura di prevenzione a livello globale: «Gli incendi boschivi sono un tipo di catastrofe complessa e difficile. Non possiamo aspettare di vedere ancora le canicole e le siccità diventare più frequenti e più intense a causa dei cambiamenti climatici e altri fattori. L’anno scorso è stato l’anno più caldo registrato ed è stato superiore alla media per il numero di siccità e grandi canicole segnalate. Quest’anno, assistiamo a una tendenza simile, con nuovi record di temperature stabiliti ogni mese». Il rappresentante Onu prosegue sottolineando le responsabilità a livello locale : «La mancanza di gestione delle foreste, la crescita delle zone urbane in prossimità con le foreste e gli incendi di origine antropica sono tutti dei fattori di rischio che devono essere trattate dalle autorità che gestiscono le catastrofi».