Ogni anno nel mondo si producono 322 milioni di tonnellate di plastica, e si stima che questo numero – assolutamente mostruoso – sia destinato a raddoppiare nei prossimi 20 anni, se dovessimo continuare di questo passo. Greenpeace stima che, a partire dagli anni cinquanta, sono stati prodotti globalmente oltre 8 miliardi di tonnellate di plastica, pari al peso di 47 milioni di balene blu!
Nonostante queste cifre sconcertanti, purtroppo il riuso e il riciclaggio della plastica, a differenza di altri materiali, ha tassi molto bassi. Solo il 30% della plastica utilizzata in Europa è infatti riciclato, mentre il 31% finisce in discarica e il 39% bruciato. Parliamo di 26 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, solo in Europa, ogni anno. Bruciando circa 10 milioni di tonnellate, dunque, produciamo circa 400 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno. Il che ci costa anche in termini di energia: se riciclassimo tutto risparmieremmo 3,5 miliardi di barili di petrolio all’anno. E questi numeri non tengono conto delle “perdite”, cioè di quanto viene disperso in mare e in terra: solo in Europa finiscono nell’ambiente ogni anno fra le 150.000 e le 500.000 tonnellate di plastica all’anno. La plastica costituisce l’80% dei rifiuti che sono nei nostri mari, e si stima che entro il 2050 la plastica avrà ampiamente superato le biomasse in mare.
Ma allora, dato che é evidente che un sistema basato sulla produzione massiva di oggetti in plastica e sul consumo “usa-e-getta” causa problematiche ambientali con ripercussioni secolari, perché perpetuarlo? Siamo incapaci di modificare la dipendenza del nostro sistema dalla plastica, oppure che ne siamo indisposti? Come stanno affrontando il problema i legislatori presso le nostre istituzioni europee?
Noi Greens siamo contenti di poter affermare che finalmente, dopo che gli ecologisti di tutto il mondo lo dicono da decenni, sembrerebbe che anche il pensiero mainstream si sia allineato: la plastica è un problema serissimo che minaccia la vita su questo pianeta; adesso lo sappiamo tutti e tutti siamo decisi ad intervenire. La colpa è solo e soltanto nostra, e tocca a noi rimediare, anche se sarebbe bello non arrivare sempre con le spalle al muro per cercare di uscire da una brutta situazione. Mi riferisco, ad esempio, all’insufficienza di quanto fatto per il cambiamento climatico. Proprio per questo apprezzo invece la reazione della Commissione Europea, la sua Plastic Strategy e gli appoggi legislativi finora pubblicati.
Lanciata nel Gennaio di quest’anno, la Plastic Strategy costituisce un pacchetto di riforme abbastanza ambizioso che ha l’obiettivo di ridurre i rifiuti plastici attraverso differenti strumenti legislativi. La strategia della Commissione ha come punti chiave la riduzione dei rifiuti di plastica; rendere il riciclo della plastica conveniente dal punto di vista del business; fermare la dispersione di plastica in mare, e condurre investimenti nel campo dell’innovazione tecnologia a caccia di alternative. La strategia é inoltre accompagnata da due proposte legislative: una per bandire gli oggetti mono-uso, e una per modificare la legge sul ricevimento di immondizia nei porti (per facilitare, tra l’altro, i pescatori che trovano plastica e la volessero scaricare in porto) e ha chiesto all’ECHA di studiare come restringere la possibilità di aggiungere volontariamente microplastiche.
Per quanto riguarda invece il Parlamento europeo, il 13 Settembre, nell’Aula di Strasburgo, ha votato un Report di iniziativa (INI) sulla plastica nell’economia circolare, del quale io sono stato Shadow Rapporteur per il Gruppo dei Greens. Posso affermare con orgoglio che il contributo dei Verdi é servito molto a migliorare questo documento, che non ha – come sapete – potere legislativo diretto, ma si propone di indirizzare la Commissione Europea per future iniziative, chiarendo quale sia la posizione del Parlamento rispetto alla plastica, anche tramite la richiesta di una serie di misure supplementari che vanno al di là delle proposte iniziali della Commissione.
In primis, noi Greens abbiamo sottolineato con grande forza che la priorità assoluta deve sempre essere quella della PREVENZIONE. Solo non producendo più certi oggetti in plastica potremmo davvero ridurre la plastica che gettiamo, ricicliamo o interriamo in discarica. Nel report chiediamo anche un bando completo per le plastiche oxo-degradabili, contro le microplastiche nei cosmetici, nei prodotti di bellezza e di pulizia (entro il 2020).
Abbiamo specificato di volere anche che i costi esternalizzati siano internalizzati dalle aziende produttrici, che devono assumersi l’onere di cosa succederà ai propri prodotti una volta terminato il ciclo vitale del prodotto stesso (qualcosa di simile a cosa succede oggi per i prodotti tecnologici, smaltiti attraverso il RAEE). Infatti, secondo i dati raccolti da Greenpeace Italia in sette spiagge italiane, circa l’80 percento della plastica trovata è riconducibile a marchi come Ferrero, Nestlé, Haribo, Unilever, Coca Cola, e San Benedetto. Per questo sarà assolutamente essenziale dialogare con le multinazionali, spingere sia a livello politico che di pubblica opinione perché siano loro le prime ad allontanarsi dall’uso smodato di plastica, iniziando il cambio di rotta più in fretta di quanto si possa fare attraverso la sola azione politica. A tal proposito, noi Greens abbiamo recentemente lanciato una petizione per chiedere ai supermercati UE di ridurre la plastica monouso destinata all’impacchettamento (talvolta veramente obsoleto) dei propri prodotti.