Green Economy: il Lazio e l’impennata del settore “bio”

La Green Economy conquista il Lazio, nel 2016 si è registrato un forte incremento per aziende che riguardano il settore della produzione biologica
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La Green Economy conquista il Lazio, nel 2016 si è registrato un forte incremento per aziende che riguardano il settore della produzione biologica

La regione Lazio sta diventando sempre di più un territorio virtuoso e trainante della Green Economy per quanto riguarda il settore del “biologico” ed è boom di aziende che si occupano di produzione di alimentazione “bio”: consumatori e produttori responsabili questa è la chiave del successo.

Gruppi di Acquisto Solidale (GAS), associazioni che si occupano di promozione del territorio, filiera corta e prodotti di qualità sono gli elementi che hanno portato la regione Lazio a vedere il costante incremento delle aziende che hanno deciso di riconvertirsi o dedicarsi esclusivamente alla produzione alimentare biologica: infatti nel 2016 c’è stato un vero e proprio exploit del settore bio nella regione del centro Italia, con una crescita registrata del 20% rispetto al 2015 ed un notevole aumento di fatturato.

Questo dato però si inserisce in un percorso virtuoso costruito con fatica negli anni precedenti e che finalmente inizia a vedere materialmente i risultati: sono 3500 i produttori che si occupano del settore biologico nel Lazio, 500 in più rispetto a tre anni fa. Crescono anche gli ettari dedicati coltivazioni “Green”: erano meno di 85mila nel 2012, ora sono più di 111mila.

Il Lazio da sempre vanta delle produzioni eccellenti come la nocciola della Tuscia, i kiwi di Latina, ma in realtà l’ambito produttivo spazia dagli ortaggi, ai legumi ai cereali, ma cosa è cambiato?

Di certo, facendo riferimento alla legge economica “della domanda e dell’offerta” possiamo capire che questo incremento di produzione è certamente il frutto di un cambiamento dei consumi. “L’attenzione dei consumatori laziali sui prodotti biologici è sempre più grande”, conferma Carmelo Troccoli, direttore della Fondazione Campagna Amica, e non a caso sono nati moltissimi spazi dedicati all’economia sostenibile e alla Green Economy, basti pensare a luoghi come la Città dell’Altra Economia di Testaccio, i mercati – appunto –  di Campagna Amica fino ad arrivare lo spazio che gli stessi supermercati concedono a prodotti “a chilometro zero”.

Gli abitanti della regione Lazio sono sensibilizzati e responsabilizzati anche attraverso gli acquisti che effettuano presso agriturismi ed aziende agricole di piccola – media grandezza sul territorio: la fiducia nel produttore appare quanto mai un aspetto fondamentale che sta condizionando il modo di mangiare ( e quindi di acquistare) del popolo laziale.

Se il punto raggiunto attualmente sembra soddisfacente, certamente c’è chi guarda oltre e che punta a fare di più e meglio: “Bisogna ampliare l’offerta – spiega Fabio Pallottini, direttore del Centro Agroalimentare romano – dedicando più spazi nei mercati rionali e nei negozi tradizionali. Anche la ristorazione biologica è in crescita.

Il Car conta su 8mila metri quadrati dedicati al biologico, la sfida è consolidarli per estendere ancora di più la distribuzione al dettaglio”.

Dall’altro lato ci sono i produttori che, dal canto loro, si stanno organizzando creando reti ed interconnessioni creando i cosiddetti “biodistretti”.

Al momento ce n’è uno: quello di via Amerina e delle Forre, situato nella Tuscia viterbese e comprende anche i Monti Cimini, ma sono in fase di creazione anche quello che comprende la zona del Lago di Bolsena ed un altro nella Val Comino in provincia di Frosinone.

La creazione di questi poli di agricoltura ed allevamento biologici sono visti come un modello di Green Economy che può funzionare, come spiega il presidente del distretto Famiano Crucianelli: «Il biodistretto è il valore aggiunto della nostra terra ed è un sistema su cui puntare per creare un circolo virtuoso, non si può pensare di potenziare il biologico se intorno non c’è un ambiente sano».

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